Jonathan Guaitamacchi
…………Mono—-Estensione—-View—-Verticale——Target—-Visione Circolare—-Sequenza—-Centralmente—-Zooming in… sono invece i titoli che affermano il grande rigore formale del suo progetto artistico che si nutre, contemporaneamente, di unicità nella visione formale e di unicità sul piano concettuale e immaginativo e che rivendica, a livello espressivo, l’inscindibilità di vissuto biografico e di gesto architettonico e pittorico.
Il lavoro di Guaitamacchi sulle città globali nasce dal suo lavoro sulle vedute urbane e industriali a Milano a metà degli anni Novanta.
I luoghi sono la vasta area della AEM in Bovisa, che diventa sito di archeologia industriale con la chiusura degli impianti nel 1994, e subito dopo la Stazione Centrale e gli impianti ferroviari FS.
L’Officina del Gas AEM (ora A2A) in Bovisa, che era stata l’elemento simbolo del nuovo skyline dell’industrializzazione milanese a inizio Novecento, diventa, con i suoi 400mila metri quadrati di area impianti, il luogo in cui Jonathan Guaitamacchi, con il disegno, la fotografia e la pittura, ricerca materia, forma, luce e ombra e dove allena lo sguardo sul taglio e sulla composizione delle sue vedute urbane.
Ma la Bovisa nutre anche il suo sguardo contemplativo sulle strutture industriali e sulla città, donando ai suoi lavori quella dimensione di silenzio e di astrazione che lo accompagnerà nei due decenni successivi. Dai mesi di lavoro nell’ex-area gasometri di Bovisa nasceranno molti lavori di grandi dimensioni esposti nell’ex Officina del Gas nella mostra Macchine della Luce del 1997.
Dell’anno successivo è la mostra Una Stazione-La Città. All’interno della Sala Attesa della Stazione Centrale di Milano vengono esposti venti lavori di grandi dimensioni in seguito a un periodo di ricerca su materia, forme e strutture nella stazione stessa e nelle zone periferiche di ingombro dei binari. Come per l’area della Bovisa, qualsiasi struttura diventa oggetto di osservazione e di lavoro, spaziando dall’intricata architettura di travi in ferro della stazione stessa, ai ponti in semplice cemento armato sopra i binari, ai materiali di ogni genere abbandonati lungo i tralicci.
La residenza per la AEM SpA e il lavoro con le FS di Milano saranno le prime di una lunga serie di collaborazioni con realtà culturali, produttive e finanziarie e con Brands che trovano nel lavoro di Jonathan Guaitamacchi la possibile rappresentazione comunicativa di alcuni aspetti della loro identità.
Dal lavoro di residenza alle ex-officine AEM e alla Stazione Centrale nascerà nel 1999, con il Politecnico di Milano e Il Comune di Milano, il progetto espositivo Triennale/Progetto Bovisa -sul cambiamento della città e sulle sue trasformazioni- che marcherà il primo nucleo di interesse per il futuro progetto Expo. In questa occasione i grandi lavori di Jonathan Guaitamacchi verranno esposti al Palazzo della Triennale di Viale Alemagna.
Nel periodo successivo al Progetto Bovisa, La Fondazione Stelline di Corso Magenta acquisisce il lavoro Isola che segna il radicarsi del lavoro di Guaitamacchi nelle trasformazioni di Garibaldi-Porta Nuova. Isola è una visione dall’alto dell’area milanese ancora priva dello skyline che sarà, ma guardata e tracciata dall’alto, da un’altezza immaginata e non fisicamente possibile in quegli anni.
Isola nasce da un luogo in trasformazione e incarna uno dei gesti pittorici strutturanti del suo lavoro successivo.
In continuità con il lavoro svolto sulle nuove aree dell’urbanizzazione milanese, EuroMilano nel 2008 chiama Jonathan Guaitamacchi per la presentazione dell’International Masterplan Rrem Koolas per Bovisa-Area Gasometri, con una performance proiettata su grande schermo all’interno dei gasometri milanesi, in occasione della presentazione ufficiale alla stampa e al mondo politico del progetto della candidatura di Milano per l’Expo.
Dalla poetica dell’area Bovisa e dalle visioni della nuova area Isola-Garibaldi, dove Guaitamacchi ha vissuto e lavorato per molti anni, nasce il lavoro più conosciuto dal grande pubblico nazionale e internazionale, che prende forma dai luoghi e dalle trasformazioni del nuovo skyline milanese e dal suo stratificarsi con il vissuto di altre città come Londra e con i lunghi periodi di lavoro in altre città come Cape Town e Johannesburg.
E’ a questo punto di sviluppo del lavoro che Accenture nel 2010 decide di aprire la sua nuova sede nazionale e la sua nuova presenza in zona Porta Nuova-Garibaldi a Milano con una mostra personale di Jonathan Guaitamacchi, dal titolo Nella Città che Cambia.
“Una personale dell’artista contemporaneo Jonathan Guaitamacchi accompagna l’evento di inaugurazione della nuova sede di Accenture nel centro di Milano, in Via Maurizio Quadrio. Le sue opere, tra pittura e architettura, guardano a una città luogo della memoria e dell’evoluzione. … Jonathan Guaitamacchi e i suoi dipinti tra memoria e contemporaneità, che guardano al tessuto urbano ed esprimono “qualcos’altro al di là del visibile”, sono per noi una firma ideale sul percorso dell’azienda nella città che cambia.” (Fabio Benasso-A.D.-Accenture SpA)
Seguono importanti momenti di collaborazione con istituzioni culturali italiane. La Città di Como e l’Assessorato alla Cultura aprono una grande retrospettiva sugli ultimi dieci anni della sua produzione artistica nella ex-chiesa di S.Pietro in Atrio a Como, dal titolo: Jonathan Guaitamacchi NoveCinqueZeroCinque. Il Ministero degli Affari Esteri lo chiama per la Collezione Farnesina e la Città di Lecco e il Politecnico Polo di Lecco organizzano una sua mostra personale dal titolo A Campus Point.
Il lavoro che nasce alla fine degli anni 90′ si radica così in una forte nuova riconoscibilità e in percorsi internazionali urbani che vedono l’artista in Cina, Stati Uniti, Gran Bretagna e Sud Africa.
Del 2011 è la residenza artistica presso la Nirox Foundation di Johannesburg, un importante periodo di lavoro sui luoghi di trasformazione della città nel post-apartheid, sulle townships e sulle periferie urbane sud-africane, da cui nascerà City Transfer, un imponente lavoro installativo-pittorico eseguito ed esposto alla Nirox Foundation, sede delle nuove residenze artistiche -Arts on Main- nel centro della città.
Con la sua produzione più recente, un lavoro fotografico sui ghiacciai, spesso poi trasformato in lavoro pittorico e architettonico, nel 2015 Jonathan Guaitamacchi collabora con BPS Swizerland con un’importante mostra personale My Home Glacier a Palazzo Mantegazza a Lugano, una mostra sul tema dei ghiacciai in territorio elvetico.
Parte dello stesso lavoro sui ghiacciai viene anche presentato in una mostra alla sede di AZIMUT a Palazzo Serbelloni a Milano. Un’elaborazione più recente del lavoro fotografico e pittorico sui ghiacciai è stato presentato nel 2016 in in una mostra alla Fortezza di Exilles in Val di Susa, Mono Genesi-Ice Sources, in collaborazione con Il Circolo dei Lettori e Fondazione di S.Paolo di Torino.
Più recentemente ha partecipato a Arte e Impresa come artista per il Gruppo Keller -Presidente della Confindustria di Lecco e ha partecipato per Chiusano Immobiliare a Torino a Art for Excellence. E’ stato testimonial nel 2015 per la Amy Winehouse Foundation con cui collabora e nel 2017 ha associato il suo lavoro al Gruppo Censeo, in un’importante evento milanese nello spazio di Riccardo Pozzoli – Co-founder & CEO The Blonde Salad e ha poi inaugurato con una personale la nuova sede di Centotrenta Servicing in San Prospero angolo Cordusio a Milano.
Delle città di Jonathan Guaitamacchi si parla come di città globali, città che nella loro spropositata ampiezza “…hanno dentro un’angoscia europea più profonda, che fa pensare all’assurdo urbano di Radziwill e alle campagne desolate e apocalittiche di Kiefer.” (Carlo Bertelli)Metropoli di taglio cinematografico, istantanee di architettura, con piani sequenza resi dalla velocità del gesto pittorico: “Queste metropoli si chiamano ‘ovunque’, e noi le abitiamo, le nutriamo attraverso dirottamenti repentini e virate all’ultimo minuto dalla meta: la fine. Le sue vedute urbane potrebbero essere ‘negativi pittorici’ di Hong Kong, Los Angeles, San Francisco, Città del Capo, Chinatown; qualsiasi luogo senza tempo.” (Jaqueline Ceresoli)
“Jonathan Guaitamacchi lavora sullo spazio, si addentra nella terza dimensione, la profondità, ed interpreta l’architettura come linguaggio, come ossessione, come ripetizione di un modo. Le sue tele, veri e propri progetti architettonici, raccontano la sua visione. In un epoca in cui il paesaggio e le visioni urbane sono soggetti amati e ripresi da parecchi artisti contemporanei, Guaitamacchi fa la differenza. Tra i primi nell’epoca contemporanea ad affacciarsi al contesto urbano, ‘sulla tela non rappresenta l’espressione totale o meramente architettonica della realtà, ne sprigiona l’essenza, il principio attivo, non racconta il luogo, ma il suo riflesso, la sua metafora attraverso il suo stile unico e inconfondibile’.” (Francesca Brambilla)
Nel lavoro parallelo alle visioni urbane ma più recente sui ghiacciai, Jonathan Guaitamacchi si confronta con l’origine della vita, con i ghiacci perenni, con ciò che all’uomo non è dato creare e con le grandi potenzialità strutturali del ghiaccio in tutte le sue manifestazioni morfologiche in alta quota. I lavori sono a base fotografica, attraversati dalla pittura e poi disegnati con progetti architettonici, oppure fotografie di ghiacciai abbinate a disegni di strutture architettoniche apparentemente impossibili suggerite dalla morfologia e dall’estensione dei ghiacci. Nel lavoro si susseguono testimonianze di luoghi esistenti o da poco scomparsi, segni grafici come pensieri illeggibili e progetti architettonici visionari e umanamente impossibili.
Come per le città, i titoli ci parlano di luoghi —-Morteratsch——Fortezza———Boval——Palù, o della fascinazione di Guaitamacchi per il grande rigore formale delle strutture di ghiaccio ——White Blocks. Ma ci suggeriscono anche che i ghiacciai per Guitamacchi sono il luogo ultimo in cui incontrare l’uomo e il silenzio——My Home Glacier——A Rapper’s Glacier——Mia Estinzione——Mono Genesi.
Jonathan Guaitamacchi nasce a Londra e si diploma all’Accademia di Brera di Milano.
Milano Londra Cape Town Johannesburg saranno le città da lui più vissute e amate, le cui tracce si ritrovano, si perdono e si intrecciano nei sui grandi progetti urbani in bianco e nero che il rigore stilistico e l’unicità del taglio e della prospettiva hanno affermato, nel mondo delle arti visive a partire dalla fine degli anni Novanta, come icone di altissima riconoscibilità nel segno e nella visione.
I titoli delle opere evocano quest’anima di partenza: British Black—-Battersea—-Bovisa—-M-TwentyFive—-Greater London—-UpTown—-DownTown—-Isola—-The Mother City—-Egoli (Johannesburg)—-—- Oxford Street—-Milano—-Johannesburg Transfer—-East End London…
Tecniche di stampa
Serigrafia:
Anche se proveniente dall’antica Cina il nome deriva dal greco sericos che significa seta, in quanto il procedimento di stampa si ottiene facendo passare del colore pressato con la racla sul telaio di seta a trama rada, colore che non passerà nelle parti da noi rese impermeabili. La serigrafia permette di stampare su innumerevoli tipi di materiale dal cuoio al legno dalla plastica alla gomma dalla carta al tessuto, e per questo è oggi largamente diffusa anche a livello industriale.